Questionari sui singoli capitoli dei Promessi Sposi

I PROMESSI SPOSI Questionari sui singoli capitoli
Capitolo I
1) Il tempo: individua scene, sommari, digressioni, ricorso al flash – back ecc.
2) Lo spazio: delimita lo spazio geografico in cui si svolgono le vicende del romanzo. Qual è il ruolo del paesaggio? Puro scenario decorativo? Elemento fondamentale del racconto ? C’è relazione tra paesaggio e stati d’animo dei personaggi? Noti nelle descrizioni del paesaggio elementi che hanno valori di simbolo, riferimenti a temi dominanti ecc.? Analizza la celeberrima descrizione iniziale: lo stile è elevato o umile? Che linguaggio, che tipo di lessico usa il Manzoni? (rispondi citando gli esempi opportuni) Si tratta di una prosa poetica o di tipo quotidiano e discorsivo? Vi puoi individuare frasi che hanno il ritmo di versi? Se sì, quali? Vi noti delle figure retoriche? Nella parte iniziale (da “Quel ramo del lago di Como” a “ in nuovi golfi e in nuovi seni” notiamo, a livello sintattico, due blocchi compatti – principale + varie subordinate – che sembrano fronteggiarsi, collegati tra loro da una parola che funge da trait d’union.Qual è questa parola? Lo spazio in cui è ambientata la sequenza iniziale del romanzo è, indubbiamente, un incantevole squarcio di paesaggio montano. In questo ambiente idilliaco tutto è sereno e felice? Gli abitanti di questi luoghi bellissimi vivono in armonia tra loro e con la natura (come sosteneva Rousseau)? O si insinua, anche in questo paradiso terrestre, l’ombra del male? Ritieni che Manzoni condivida il pensiero di Rousseu? Che cosa rappresenta per don Abbondio la sua casa? Per descriverla Manzoni usa lo stesso registro linguistico dell’inizio del capitolo? La descrive con la stessa minuziosa precisione o si limita a suggerircene alcune caratteristiche?
3) Individua i temi dominanti presenti nel I capitolo
4) Qual è, a tuo parere, il ruolo della lunga digressione storica sulle gride, che interrompe l’episodio dell’incontro di don Abbondio e i bravi?
5) Analizza il dialogo di don Abbondio con i bravi, esaminandone il lessico, la sintassi, lo stile, le figure retoriche adoperate. Il registro linguistico ti sembra alto o basso? Come motivi la tua valutazione?
Idem con il dialogo tra don Abbondio e Perpetua.
6) Punto di vista e tecniche narrative. Manzoni è un narratore esterno (extradiegetico) o interno (intradiegetico) al racconto? Rileggi il I capitolo segnando sul testo, a matita, i discorsi diretti, quelli indiretti, gli indiretti liberi, i monologhi interiori. Noti un solo punto di vista (quello del Narratore) o diversi? In questo caso, quali? Immagina di essere un regista e di avere con la telecamera: se dovessi fare un film, quali inquadrature sceglieresti per riprendere il paesaggio iniziale, la passeggiata di don Abbondio e l’incontro con i bravi? Useresti un solo tipo di inquadratura fissa, dall’alto – come fa a volte Hitchcock – o ne adotteresti più di una, riprendendo alcune scene come se fossero viste attraverso gli occhi di uno o più personaggi?
7) Analizza i personaggi don Abbondio e Perpetua, prendendo in considerazione i loro tratti fisici e psichici, le loro azioni, il loro linguaggio (il che serve, tra l’altro, a definire la loro estrazione sociale), le figure retoriche da loro adoperate o a loro associate.
8) Brulichio /brulicare, ronzio /ronzare : dove e quando ricorrono questi termini?
9) Cerca i nomi alterati individuandone la funzione.

Analisi del testo: I Promessi Sposi – Il metodo

Quando, trentadue anni fa, alla mia prima esperienza di docente ginnasiale, mi ritrovai alle prese con il capolavoro manzoniano, mi chiesi perplessa: “Che ne devo fare?” Leggerne i “passi belli” ‘ o peggio, quelli “edificanti” – come era toccato a me quando ero  studentessa quindicenne in una scuola gestita da suore- era fuori questione. Non sono crociana, come lo erano i miei professori. L’idea, poi, di considerarlo un testo “religioso” mi sembrava aberrante ( idea, peraltro, non del tutto tramontata: ancora oggi mi capita di sentire colleghi laici che detestano “I promessi sposi”per motivi ideologici e lo sostituiscono con altri classici, e, viceversa, colleghi credenti che lo giudicano “insostituibile”, ma -ahimè – non per i suoi pregi storico – letterari.). Al romanzo manzoniano  non avevo dedicato particolare attenzione fino a quel momento, né all’università, né dopo. Per prima cosa, ripresi in mano il testo. Lessi e rilessi (5 – 6 volte ciascun capitolo). Per fortuna avevo molto tempo a disposizione: viaggiavo ogni giorno per Caltagirone, su uno scalcinato autobus noleggiato da noi professori. Due ore e più, ogni giorno, di letture manzoniane. Era stata da poco pubblicata la collana de “Il materiale e l’immaginario” che, nel volume riservato all’Ottocento, ha un intero fascicolo dedicato all’analisi del romanzo manzoniano. Devo senz’altro al Prof. Ceserani e ai suoi collaboratori la mia “scoperta” di Manzoni (e, negli anni successivi, al Prof. Mineo,che venne, diverse volte, nelle mie classi a parlare di Manzoni ai miei alunni). Ma restava il problema principale: come presentare un testo così complesso a ragazzini di quindici anni? L’analisi formale non era un problema: tutti i testi scolastici erano – e sono – pieni di indicazioni in tal senso. Il problema era la comprensione della problematica, del  significato dell’opera, in mancanza di adeguate conoscenze, da parte degli studenti, del contesto storico – culturale in cui essa fu composta. Avrei dovuto premettere alla lettura diretta lunghe e complicate lezioni teoriche? Parlare di illuminismo, romanticismo, delusione storica ecc.?  Avrei dovuto inserire Manzoni nel contesto del romanticismo italiano ed europeo? Ma per i ragazzini che escono dalle Medie Il romanticismo è la riscossa del sentimento – del “cuore”- contro la ragione degli illuministi. Poveri Renzo e Lucia! La loro vicenda avrebbe rischiato di essere confusa con un romanzo rosa o con una telenovela. Qualche alunno più attento avrebbe potuto  - a ragione – obiettarmi: “Ma dove sta, nei Promessi Sposi, il trionfo del sentimento? Mai una scena d’amore, niente sesso, nemmeno un bacio …”. Alla fine ho  elaborato un mio metodo. Per il quale,  se io volessi indicare un “padre nobile”  dovrei citare, con un po’ di imbarazzo – per la disinvoltura con cui mi permetto di utilizzarla, l’ Antropologia Strutturale di Lévi- Strauss (v. analisi del mito di Edipo); e poi, in un ambito del tutto diverso,” L’anello del Nibelungo” di Wagner (per la ricerca dei “temi dominanti”, cioè delle frasi musicali ricorrenti che evocano una situazione, un personaggio, un luogo ecc.).In breve: in un quadernone, esclusivamente riservato all’analisi del capolavoro manzoniano, ho enunciato, in una sorta di “colonna”, a sinistra di ciascun foglio, in forma molto sintetica, -anche in stile nominale – il contenuto di ciascun capitolo del romanzo, cominciando dall’Introduzione (allo stesso modo dei “mitemi” che costituiscono la storia di Edipo – Il buon Lévi- Strauss si rivolterà nella tomba -) A destra, in un’altra “colonna” più stretta, in colore contrastante,ho annotato tutte le “cose notevoli”, i temi dominanti, i rimandi ad altri passi, i confronti con altri autori ecc.(Qui, dato che non sono così esperta nell’uso del computer da riuscire a scrivere su colonne diverse, annoto le “cose notevoli e i temi dominanti tra parentesi, accanto alle unità narrative). Date le dimensioni dell’opera, non potevo, ovviamente, inserire tutte le unità narrative in una tabella, in cui sarebbe stato agevole leggere il testo in modo diacronico e sincronico insieme. Ma  anche da una lettura esclusivamente “orizzontale” è stato possibile cogliere le costanti, i temi ricorrenti ecc. Ma forse, la definizione più pertinente del mio metodo  - anche se assai poco “culturale” – è quella di   “metodo del limone” : anziché premettere alla lettura complicate lezioni storico -letterarie “teoriche” -poco recepibili da preadolescenti – ho preferito fare l’opposto: trattare il romanzo come un limone da spremere per ricavarne tutte le informazioni necessarie alla comprensione dell’ autore, del periodo in cui visse ecc. Leggere, rileggere, e poi rileggere ancora – tutto, parola per parola, rigorosamente in classe,dall’Introduzione al cap. 38° – per impadronirsi del testo, per penetrarvi e per scoprire, attraverso di esso, tutto un mondo di cui nessuna lezione storico – letteraria, per quanto esauriente, potrebbe mai dare un’idea adeguata: questa è la mia “ricetta”. Altro che le formulette banali di certi manuali! Per scoprire Manzoni è inutile leggere tonnellate di saggi critici, ammattire dietro le dispute letterarie, trincerarsi dietro i luoghi comuni… per scoprire Manzoni  bisogna leggere Manzoni. Ed è una grande sorpresa. Le opinioni tradizionali più consolidate si dissolvono : perché Manzoni è uno degli autori più problematici e complessi della nostra storia letteraria. (Che idea, mi sono detta, propinarlo a dei ragazzini quindicenni! Si rischia di presentarlo in modo sbagliato e superficiale, con il rischio di farlo odiare e di far detestare, tout court, la lettura! Se toccasse a me decidere, lo sconsiglierei  a chi ha meno di 40 anni! Ma, visto che devo, farò di tutto perché anche i miei giovanissimi alunni lo capiscano). C’è poi un’altra considerazione da fare: nell’intero quinquennio del liceo classico non c’è un’altra occasione per la lettura integrale di un classico. Al triennio il tempo è scarso, e il programma immenso. Né è possibile privilegiare un autore ottocentesco rispetto a quelli più recenti (troppo rischioso per chi deve affrontare gli esami di maturità). Il ginnasio è l’unico momento possibile per insegnare agli alunni un metodo di lettura e di analisi di un testo. E che tipo di testo! Per le tematiche in esso affrontate,  e il contesto in cui vide la luce, i Promessi Sposi è fondamentale, perché si colloca idealmente tra Settecento e Ottocento, in un momento cruciale che segna l’inizio dell’età moderna. E allora decisi di imperniare sui Promessi Sposi il mio insegnamento dell’italiano.

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sull’Agamennone di Eschilo: guida all’analisi -parte II

TERZO STASIMO

E’ il più angosciato, pervaso da una cupa atmosfera di attesa. Il Coro non sa ancora il motivo dei suoi tristi presentimenti. Come nelle altre tragedie, Eschilo è maestro nell’arte di creare un clima di tensione crescente che sfocerà nella catastrofe. Il canto del Coro è senza lira, come il canto funebre delle Erinni. La danza di un destino infallibile avvolge nei suoi vortici il cuore. Il linguaggio è denso di immagini potenti, di metafore ardite (strofe e antistrofe 1).
Nella seconda parte (strofe e antistrofe 2) il tono è meno concitato, più meditativo: Eschilo ribadisce il principio etico del μηδὲν άγαν. L’eccesso di di ricchezza e di potere provoca sventura: è il pensiero tradizionale greco (che troveremo espresso da Erodoto)che qui, ancora una volta, viene ripreso. Ma anche superato: non è l’eccesso di ricchezza, di per sé, ad attirare sventura. E’ il sangue sparso, è la vita altrui, ingiustamente sacrificata, ad attirare la vendetta delle Erinni. Chi è stato ucciso non può più essere richiamato in vita: e quindi la vendetta delle Erinni è inevitabile e inesorabile. Qui il Coro non sviluppa compiutamente questi concetti: l’ha già fatto nel secondo stasimo. Si limita a evocarli, per ribadirne il valore, accentuando così il clima di suspence che precede il culmine della tragedia. Da notare la metafora della nave – cara ad Eschilo – qui riferita al γένος degli Atridi: essa si avvia al naufragio, cozzando contro gli scogli. Ormai non c’è più speranza.

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Sull’Agamennone di Eschilo: guida all’analisi -parte prima

Uno degli errori didattici più frequentemente commessi da noi docenti consiste nel consegnare a dei ragazzi di sedici, diciassette anni, che vivono in un mondo distante milioni di anni-luce da quello greco antico, un classico da leggere e commentare, magari con il supporto di una adeguata bibliografia. Come se si avesse a che fare con universitari, iscritti in Lettere Classiche (quelle di un tempo, almeno …). Nel 99 per cento dei casi un ragazzo leggerà frettolosamente il testo (purché sia in una traduzione italiana “facile”),  lo troverà stravagante e a lui totalmente estraneo e il suo commento più spontaneo sarà: “Che barba” oppure “boh!” Per obbligo cercherà di arrangiarsi scopiazzando o parafrasando il testo critico da noi consigliato, o farà copia e incolla da internet …
I classici sono testi difficili. Il loro contesto storico – culturale è “un altro mondo”, al quale bisogna guidare passo per passo i ragazzi, perché possano capire e imparare ad apprezzare. Senza modernizzazioni idiote. Perché ci sia “dialogo” con i classici bisogna che ciascuno mantenga la propria identità, noi la nostra di moderni, essi la loro “antica” e diversa. Bisogna cercare di penetrare nel testo in profondità: solo così sarà possibile cogliere ciò che ci accomuna a persone vissute venticinque secoli fa (o anche più).Per prima cosa, bisogna leggere in classe – e spiegare – il più possibile il testo che è oggetto di studio. A costo di tagliare drasticamente la “storia della letteratura”. A che serve, del resto, memorizzare autori, date e biografie, elenchi di opere – magari perdute – con il loro contenuto, se non si conoscono in modo approfondito quei classici che costituiscono il fondamento della nostra civiltà? So bene che la conoscenza mnemonica delle nozioni “pure” è il requisito principale  -spesso l’unico- richiesto oggi all’università: ma questo è un altro discorso. Ed è un motivo in più, oggi, per spingere i giovani a scartare certe facoltà umanistiche che, oltre a non offrire sbocchi professionali adeguati, danno un  contributo assai mediocre alla loro formazione culturale.
Dunque, dopo la lettura integrale dell’opera in classe (ciascun alunno doveva avere il testo completo con traduzione a fronte: ce ne sono di ottimi a bassissimo prezzo anche nelle bancarelle e nelle edicole) presentavo alla classe uno SCHEMA DI LAVORO, che, nel caso della tragedia presa in esame, l’Agamennone di Eschilo, è il seguente:
1) Esporre sinteticamente (anche in stile nominale) la struttura del dramma e il contenuto delle singole parti, indicando anche i personaggi in essa presenti.
2) Il coro: da chi è costituito? Ha una sua fisionomia, delle posizioni precise? Le opinioni espresse dal coro sono da ritenere le opinioni dell’Autore? O anche di altri? E di chi, eventualmente? Esporre brevemente il contenuto di ciascun pezzo corale (parodo, stasimi, ecc.) Quale rapporto hanno le parti corali con l’azione principale? Sono ad essa legate, o sono puri intermezzi lirici destinati a diminuire e allentare momentaneamente la tensione del pubblico? (Occorre, però, preventivamente, nel corso delle lezioni generali sulla tragedia, avere già spiegato e letto un esempio di coro – intermezzo lirico, ad esempio un brano dell’ultimo Euripide. Altrimenti i ragazzi non possono sapere di che stiamo parlando). Qual è il rapporto tra il coro e i personaggi?
3) Analisi dei personaggi principali: a) Agamennone b) Clitemestra c) Cassandra. Per analizzare un personaggio bisogna prendere in considerazione i seguenti elementi: ciò che dice, ciò che fa, ciò che gli altri dicono di lui, i suoi rapporti con gli altri personaggi, e, in modo particolare, i termini più ricorrenti nei suoi discorsi (sono rivelatori del suo mondo interiore), le metafore, le similitudini e le altre figure retoriche a lui riferite o da lui adoperate. Infine: di quanti attori poteva disporre Eschilo al momento della rappresentazione dell’Agamennone? Come erano distribuite le parti? (cioè: quale altro ruolo rivestiva l’attore che impersonava Agamennone? E gli altri?)
4) Problematica del testo eschileo: quali problemi sono al centro dell’opera? Quali messaggi l’autore intendeva comunicare al suo pubblico?  Che cosa si intende con l’espressione παθει μαθος? Che cos’è la hybris? Quale idea ha Eschilo della religione? Lo Zeus dell’Agamennone è uguale a quello del Prometeo? (Ovviamente, gli alunni devono avere già studiato l’autore sul manuale) Qual è in questo dramma il ruolo di Dike?  Chi è Ate? Gli uomini sono pienamente responsabili delle loro azioni? E infine: quale concezione della donna è presente nell’Agamennone? Continua a leggere