La Sicilia nell’età del rame (1)

L’ETA’ DEL RAME IN SICILIA : a) il contesto mediterraneo

L’età del rame in Sicilia costituisce un momento di rottura e di cambiamento radicale rispetto al neolitico , il quale, pur nei suoi vari aspetti, aveva mantenuto a lungo un carattere unitario di fondo che accomunava le culture della Sicilia, dell’Italia meridionale e delle Eolie.
L’età del rame, al contrario, è tutt’altro che unitaria; essa appare, invece, il risultato di influenze culturali diverse. L’origine, come al solito, va individuata nell’Anatolia e nelle isole dell’Egeo, perché solo in questi luoghi si ritrovano, tutti insieme, gli aspetti e gli elementi che troviamo sparsi nelle altre culture. Dall’Oriente si diffonde ben presto in tutto il bacino del Mediterraneo, grazie ai progressi compiuti nella tecnica della navigazione. Si intraprendono nuove rotte: non più lungo le coste o tra le isole. Ora, con le navi che troviamo raffigurate sulle “padelle” cicladiche (fig.1) si può affrontare il mare aperto, il canale di Sicilia in primo luogo, anziché il “ponte” Pelagosa – Tremiti, o lo stretto di Messina. La nuova ondata culturale può ora raggiungere, senza ristagni e mediazioni secolari, la Sardegna e le coste occidentali del Mediterraneo (Francia meridionale e Spagna), oltre, naturalmente, alla Sicilia. Le Eolie sono tagliate fuori dalle nuove rotte e conoscono un periodo di decadenza: l’ossidiana ormai è diventata obsoleta, dati i progressi della metallurgia ( si pratica la fusione non solo del rame, ma anche dell’argento, dell’oro e del piombo). Anche se meno raffinata dal punto di vista artistico ( le ceramiche sono più semplici ed essenziali ) questa nuova civiltà è molto più progredita in molti campi, e in particolare nella struttura degli abitati e nell’organizzazione sociale: si costruiscono città fortificate con mura, strade e piazze, pozzi e granai pubblici. Le case non sono più costituite da capanne, ma sono edifici a più ambienti che si sviluppano attorno a una stanza rettangolare centrale (MEGARON).
Siamo alla fine del IV millennio a. C. : nell’isola di Lemno l’abitato di Poliochni diventa una vera e propria città (Periodo Azzurro,tra il 3200 e il 2800 a. C.) con grandi mura a secco, case a pianta rettangolare di una o due stanze: elemento fondamentale (anche della futura architettura greca) il megaron con l’ingresso sul lato breve rivolto a sud e un piccolo portico affacciato su un cortile lastricato. Un paio di secoli dopo viene fondata Troia ( Troia I, tra il 2920 e il 2350 a. C.) anch’essa circondata da mura di fortificazione a secco e da case – megaron (fig. 2). Caratteristiche simili presenta Thermi, nell’isola di Lesbos. Insomma, la società diventa più complessa e organizzata.
Anche nel Mediterraneo occidentale si sviluppano fiorenti civiltà urbane simili a quelle dell’Egeo orientale e della costa turca: quella di Anghelu Ruju in Sardegna, di Tarxien a Malta (caratterizzata da una spettacolare architettura megalitica), di Almeria in Spagna, di Fontbouisse in Francia.
Ma le innovazioni riguardano tutti i settori, non solo le strutture degli abitati: le credenze religiose, i riti funebri, le tecniche “industriali” (nuovi tipi di armi e di strumenti, nuove forme nella ceramica).
Il fenomeno più vistoso riguarda il rituale funebre: non più tombe isolate in fosse pavimentate con lastre di pietra, come nel neolitico, ma sepolture collettive nelle tombe a grotticella artificiale, vere cappelle “di famiglia” che vengono scavate per lo più nel calcare, a volte invece nel terreno, a forma di un pozzo da cui si accede a una o più stanze funerarie “a forno”, oppure sepolture in grandi giare o vasi (soprattutto per i bambini) dette, con termine greco, “a enchytrismòs”: anche questo è indizio della maggiore importanza acquistata dalla comunità familiare o etnica, e anche delle crescenti differenze sociali (ricchezza dei corredi funebri, maggiore grandiosità delle tombe di personaggi importanti ecc.) Le tombe a grotticella artificiale, non più isolate, ma riunite in vaste necropoli, sono di origine egeo – anatolica, ma si diffondono dovunque, nel Mediterraneo orientale (Palestina, Cipro, Cicladi, Peloponneso, Creta) e in parte anche in quello sud – occidentale, in Italia fino all’Arno, in Sicilia, in Sardegna (in misura limitata), nelle regioni costiere di Spagna e Francia meridionali. Nell’Europa nord – occidentale, invece, dalla Sardegna (in prevalenza), alla Francia, alla Spagna e lungo le coste atlantiche fino alla Scandinavia, viene preferita la sepoltura nei dolmen, anch’esse tombe collettive, anch’esse segno di distinzione sociale (corredi funebri e offerte sacrificali tanto più ricche e abbondanti quanto più era importante il defunto) ma a struttura megalitica.
Per quanto riguarda le credenze religiose – di cui possiamo ricostruire ben poco – possiamo notare l’amplissima diffusione di diversi simboli apotropaici (cioè portafortuna) come gli occhi e le corna, che ancora oggi sono usati con la stessa funzione (gli occhi in Turchia e in Grecia, il cornetto rosso da noi). Forse analoga funzione di “difesa” contro i malintenzionati avevano le statue – stele rinvenute a Troia I, a Malta, in Corsica e nella Francia meridionale (Figura 3). Identici idoletti dalle forme stilizzate sono stati trovati nelle Cicladi e in Sardegna. Gli strumenti litici o di osso cambiano forme e dimensioni: tra i primi notiamo l’ascia da combattimento (assente però in Sicilia) e le teste di mazza (ben presenti da noi); tra i secondi, delle placchette decorate con cerchi o degli strani ossi a globuli, diffusi gli uni e gli altri a Troia, a Lerna nel Peloponneso, a Malta, e anche in Sicilia, soprattutto nella successiva età del bronzo antico (le forme, le decorazioni ecc. hanno una diffusione lenta, secolare addirittura, come, del resto, assai lenta è la diffusione della civiltà del rame: non è strano che un oggetto tipico di questa cultura si trovi in Anatolia o in Grecia diversi secoli prima che esso diventi “alla moda” in Sicilia o nei paesi occidentali).
Anche le nuove forme della ceramica (fiaschetti, brocche con l’orlo obliquo, bicchieri a clessidra, scodelloni con becco cilindrico ecc.) hanno origini orientali e giungono lentamente in Sicilia a soppiantare le antiche forme in uso nel neolitico. Ma se l’influenza più determinante sui paesi del bacino occidentale del Mediterraneo è quella anatolica ed egea, non bisogna però sottovalutare gli importanti contributi nord – orientali delle culture danubiane. Ogni cultura elabora una propria facies individuale tenendo conto sia delle eredità del “suo” passato sia degli apporti nuovi, scegliendo ciò che le è più congeniale, ed influenzando, a sua volta, altre culture più o meno vicine. Ad esempio, l’importante cultura spagnola detta “del bicchiere campaniforme”, come le altre espressioni della cultura di Almeria (i bottoni forati a V, i grandi pugnali e le punte di freccia in selce) trovano una larga diffusione in tutto il Mediterraneo occidentale, dalla Sardegna all’Italia, in Sicilia e a Malta, e giungono fino alle valli del Reno e del Danubio, e alle isole britanniche.
b) Fasi della civiltà del rame in Sicilia
Il panorama culturale della Sicilia nel III millennio a. C. è molto complesso. Possiamo distinguere grosso modo due diverse zone: quella nord – occidentale (attuali province di Trapani e Palermo) e quella nord – orientale che include anche la parte centrale dell’isola. Anche in questo caso, per ricostruire la successione, e quindi la cronologia relativa delle varie culture, dobbiamo avvalerci dello studio della stratigrafia. Le isole Eolie, divenute marginali in questo periodo ed entrate nell’orbita delle culture occidentali, non possono fornirci valide indicazioni. In questo caso è la stratigrafia della grotta Chiusazza, nel siracusano, a mostrarsi determinante. Procedendo dalla superficie del piano di calpestio agli strati inferiori (cioè a ritroso nel tempo, dato che gli strati più bassi sono i più antichi) incontriamo i seguenti strati, corrispondenti a epoche diverse:
1) Uno strato di epoca storica, greca, con tracce di culto: evidentemente la grotta era considerata sacra.
2) Uno strato della media età del bronzo ( dal che si deduce che per molti secoli la grotta era stata abbandonata) cioè riferibile alla cultura di Thapsos (1450 – 1200 a. C. circa)
3) Uno strato dell’antica età del bronzo, della cultura di Castelluccio (1800 – 1450 a. C. circa)
4) Uno strato della tarda età del rame, della cultura detta di Malpasso: malgrado l’abbondanza di oggetti fittili che accomuna questo strato a quello successivo, più antico, bisogna però notare una forte cesura tra questa facies culturale e quella che la precede.
5) Uno strato della media età del rame (cultura di Serraferlicchio) che non presenta, invece, una netta differenziazione rispetto alla cultura dello strato più antico.
6) Uno strato dell’antica età del rame (culture del Conzo, della ceramica buccheroide, e di San Cono – Piano Notaro)
7) Infine, lo strato più antico di tutti, risalente addirittura all’ultimo periodo del neolitico (ceramica dello stile di Diana).
• Altri rinvenimenti significativi sono stati effettuati nelle grotte del Conzo, Genovese e Palombara (sempre nel siracusano), ma mescolati e confusi tra loro, in modo tale da non consentirci di stabilire una successione. Il reperto più significativo è una testa di mazza globulare, di marmo, con foro cilindrico, che presenta forti analogie con quelle coeve di Troia.
La successione delle culture siciliane nell’età del rame è dunque la seguente:
a) Antica età del rame : culture di San Cono e Piano Notaro,del Conzo e della ceramica buccheroide.
Il villaggio preistorico di San Cono ( che non ha niente a che vedere con l’attuale paese omonimo) fu scoperto tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento dai fratelli Corrado e Ippolito Cafici : si estendeva su una collinetta isolata, nella regione dei monti Iblei, a mezza strada tra Vizzinie e Licodia Eubea. Vi sono state rinvenute tracce di capanne, macine e macinelle di pietra, abbondante industria litica di vario tipo, più due tombe (una ancora di tipo neolitico, a fossa e coperta con grosse lastre di pietra; l’altra del tipo caratteristico dell’età del rame: un pozzetto di forma cilindrica scavato nel terreno, dal quale si accede alla vera e propria tomba “a forno”).
Un altro gruppo di tombe ancora di tipo neolitico (fosse circolari coperte da lastre di pietra e scheletro rannicchiato), scoperto nel 1908 da Paolo Orsi a Piano Notaro (presso Gela) conteneva un corredo funebre costituito da un gran numero di ceramiche dello stile da cui ha preso il nome questa antica fase della civiltà del bronzo. Analoghi rinvenimenti nella grotta Zubbia di Palma Montechiaro, e nella grotta di Calafarina presso Pachino mostrano la diffusione di questo tipo di ceramica anche nella parte meridionale della Sicilia (province di Gela e di Agrigento). Altri reperti significativi di questa facies culturale sono stati rinvenuti a Sant’Ippolito (presso Caltagirone), a Trefontane (presso Paternò) e a Ossini (presso Militello). Insieme alla ceramica ( v. figura 4) sono stati trovati numerosi oggetti fittili: fuseruole (per la tessitura), pesi (di vario uso: per lo più da telaio) e cucchiai.
La ceramica di tipo buccheroide (vedi figura 5) decorata a striature verticali, praticate con la spatola, presenta una certa somiglianza con quella coeva delle Eolie e potrebbe derivare dalla ceramica tardo neolitica del bacino dell’Egeo.
b) Media età del rame: cultura di Serraferlicchio
A Serraferlicchio, nei pressi di Agrigento, all’interno di una grande spaccatura nella montagna, sono stati scoperti resti di capanne e una gran quantità di ceramiche decorate in uno stile che dà il nome a questa facies culturale. Si tratta di una ceramica dipinta in modo vivace; sul fondo lucido di un bel rosso vivo, a volte tendente al violaceo spiccano decorazioni geometriche di vario tipo: denti di lupo, fasci di linee, serpentine, bande reticolate ecc. (figura6). Una fase più tarda (ma sempre nell’ambito della media età del rame) è rappresentata da ceramica policroma, a bande nere orlate di bianco sempre su fondo rosso, che si trova nello stesso sito, ma in misura molto minore. E infine, una gran quantità di ceramica chiara, grezza, disadorna o al massimo decorata con cordoni o rari bitorzoli.
La ceramica di Serraferlicchio è stata rinvenuta in numerose stazioni dell’età del rame: a Realmese, presso Calascibetta, nel siracusano (grotte Chiusazza, Genovese e Palombara), a Paternò, e anche a Lipari. Un esemplare particolarmente interessante è il vaso scoperto dall’arheologa Marconi Bovio nella grotta del Vecchiuzzo a Petralia Sottana: qui le linee sottili, riunite in fasce, si incontrano a formare un grande angolo, motivo nuovo che si ritrova anche in un vaso di Capaci (unico esempio di ceramica di questo stile scoperto nella zona di Palermo, dominata dalla cultura della CONCA D’ORO) v. figura 7.
Anche questo tipo di ceramica sembra una derivazione del tardo neolitico egeo.
c) Tarda età del rame: la ceramica dello stile di Malpasso
Il sito da cui prende il nome questa facies culturale è Malpasso, presso Calascibetta, nel cuore della Sicilia: vi sono state rinvenute cinque tombe a grotticella artificiale di un tipo particolare e un corredo di ceramiche a superficie monocroma rossa.
Le tombe, scavate nel calcare ( che è una roccia relativamente “tenera”) non sono del consueto tipo “ a forno”: sono costituite da diverse camerette tra loro comunicanti e con il suolo “a gradini” dato il dislivello del terreno. La ceramica presenta forme nuove (figura 8) come il bicchiere semiovoide caratterizzato da una grande ansa a nastro con piastra sopraelevata: le analogie non vanno più ricercate nel tardo neolitico greco, bensì nella prima età del bronzo dell’Anatolia e delle isole dell’Egeo. Questo tipo di ceramica ha una vasta diffusione: dalla Chiusazza già citata alla grotta Ticchiara presso Agrigento, nella grotta Zubbia, a Sant’Angelo Muxaro, oltre che a Serraferlicchio, a Petralia Sottana e a Sant’Ippolito presso Caltagirone.
E’ proprio quest’ultimo sito – uno dei più importanti della preistoria siciliana – a dare il nome alla fase finale dell’età del rame (e allo stile della ceramica che la caratterizza) e a costituire un momento di transizione alla successiva età del bronzo.
La ceramica dello stile di Sant’Ippolito

A Sant’Ippolito si sovrappongono diversi villaggi di epoche differenti, dal neolitico all’età del ferro. Vi si trovano, quindi, reperti di tutte le varie culture che si sono succedute nel corso della preistoria siciliana. Ma i reperti più significativi e più numerosi sono proprio quelli della fase conclusiva dell’età del rame. Vi è stata rinvenuta ceramica dello stile di Serraferlicchio e di Malpasso, ma i vasi dello stile di Sant’Ippolito appaiono più “evoluti”nelle forme (di derivazione egeo – anatolica) e nella fattura, quasi sempre dipinti: fasci di linee orizzontali o verticali di colore scuro su fondo rossiccio o giallastro, punti o piccoli triangoli (figura 8). Sono bicchieri con un’ansa a piastra sopraelevata, ollette di forma sferoidale, fiaschetti ovoidali ad alto collo con bocca obliqua (di tipo cipriota), vasi emisferici con beccuccio cilindrico(di tipo cretese), fruttiere con piede a tronco di cono e infine strani recipienti di uso sconosciuto, costituiti da una specie di bacinella rettangolare con una coppa semisferica inserita in una parete e una specie di ponticello mediano.
La ceramica di questo stile non è presente negli strati della grotta Chiusazza: ciò significa, probabilmente, che essa è tipica di un periodo successivo a quello della facies di Malpasso, l’ultimo dell’età del rame nella Sicilia centro – orientale e meridionale.

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