A proposito del saggio di Rocco Agnone ” Il fenomeno religioso e la concezione non religiosa del divino

Osservazioni sul metodo

Deliberatamente l’Autore ha scelto di prescindere dal dibattito senza fine che, nel corso degli ultimi due secoli, ha impegnato gli esegeti dei Vangeli sulla figura storica del Cristo, nella convinzione che questo tipo di indagine – in sé rispettabilissima – finisca per dissolvere l’oggetto della ricerca stessa.
Come per tutti i testi antichi a noi pervenuti mediante una lunga e travagliata tradizione – si pensi, ad esempio, ai poemi omerici – anche per i Vangeli un’indagine storico- filologica rischia di approdare ad un’unica conclusione: l’afasia. Il personaggio – Cristo finisce per disintegrarsi sotto i nostri occhi, sicché non possiamo più dire nulla su di lui.
Analogamente, se vogliamo cogliere il senso, la novità, la grandezza poetica dell’Iliade e dell’Odissea, dobbiamo evitare di addentrarci nell’infinita questione omerica, destinata per natura a restare irrisolta: che esse siano frutto della genialità di uno o più aedi, o della paziente ricerca degli esperti di Pisistrato, o della fantasia creatrice del popolo greco nella fase aurorale della sua storia, o di una plurisecolare tradizione anonima, a noi che importa? Ci sono pervenuti questi testi, che hanno profondamente influenzato l’intera cultura occidentale. Essi dunque, così come sono, costituiscono l’oggetto del nostro studio.
A maggior ragione questo vale per i Vangeli. Comunque siano stati redatti, qualunque sia stata la realtà storica del loro protagonista e il contributo della primitiva comunità dei suoi discepoli, essi costituiscono un corpus tràdito, che, per i milioni di credenti i quali, con varie sfaccettature, ad esso si ispirano, è “parola di Dio”, come gli altri testi del Nuovo e del Vecchio Testamento. Questo è dunque l’oggetto della presente indagine, che è articolata su un nucleo problematico così sintetizzabile: come si inseriscono i Vangeli nella tradizione ebraica? Prevalgono gli elementi di continuità o di innovazione? Gesù è espressione della religiosità del popolo di Israele, o è un innovatore, anzi un rivoluzionario che la scardina fin dalle fondamenta? E ancora: leggendo la Bibbia nel suo complesso, si possono trovare indicazioni varie, spesso tra loro contraddittorie, tali da giustificare scelte e prassi antitetiche (ad esempio, la povertà francescana e lo sfarzo della chiesa, la carità eroica di alcuni “santi” e le guerre di religione). Per quanto riferibili, come è ovvio, alla mentalità dell’epoca,come possono certe aberrazioni conciliarsi con i precetti scaturiti dalla “Parola di Dio”? E per il credente è inevitabile chiedersi: ma la Bibbia è veramente “Parola di Dio”? O è solo l’espressione storicamente determinata della religiosità di un popolo particolare? E’ possibile cogliervi, come un “filo rosso trasversale” un messaggio organico e coerente? E la Chiesa cattolica – o meglio la sua gerarchia – come pure le altre Chiese, ne sono veramente interpreti autentiche ed esclusive? E in che cosa il cristianesimo differisce dalle altre religioni? In che consiste,nel suo nucleo più essenziale, la religione, fenomeno comune a tutti i popoli, di qualsiasi epoca e latitudine? Ma il cristianesimo è veramente una religione?
Se si giunge alla conclusione, come si fa nel presente saggio, che la religione è essenzialmente un rapporto di potere tra un servo-suddito e un signore potente, finalizzato al raggiungimento di particolari benefici in cambio di pratiche di culto significanti ossequio e sottomissione da parte del credente, è inevitabile concludere che no, il cristianesimo non è una religione, in quanto fondato sull’amore, che per natura è gratuito e radicalmente estraneo a qualsiasi forma di dominio. C’è tutto un filone, certamente minoritario ma non per questo meno significativo, nell’Antico Testamento (nei Profeti, soprattutto) che mette in luce quello che poi costituirà il messaggio fondamentale di Cristo: Dio non vuole atti di culto, non chiede nulla per sé. Il suo unico comandamento è l’amore e la fratellanza tra gli uomini. E’ possibile, a un’attenta lettura, cogliere un messaggio logicamente coerente, perfettamente omogeneo, che attraversa la tradizione ebraica e i Vangeli e scardina dalle fondamenta qualsiasi religione. Tanto più significativo, in quanto spesso gli stessi portatori di tale messaggio sembrano non rendersi conto della reale portata delle loro parole. La Bibbia è quindi l’espressione dell’esperienza storica e spirituale del popolo ebraico, all’interno della quale, però, si può individuare il “filo rosso” che lega Isaia, Osea ecc. a Gesù e al suo messaggio. Messaggio che, ovviamente, non nasce in un mondo al di fuori della storia: si inserisce nella cultura e nella tradizione dell’ebraismo, ma per rovesciarne i presupposti; è filtrato attraverso la sensibilità e la fede della comunità primitiva dei discepoli, che spesso non capiscono fino in fondo il pensiero di Gesù e vi mescolano le loro idee e i loro pregiudizi, ma tuttavia riescono a trasmetterne la radicale novità.
A questo punto emerge con forza il problema-Chiesa: il presente saggio intende delegittimarla del tutto? Se il messaggio di Cristo è radicalmente antitetico al potere, se il Dio che egli ci fa intravedere è tutt’altro che un sovrano potente, ma, al contrario, un padre che vuole rendere i suoi figli uguali a sé; se Cristo con la sua morte annienta totalmente la legittimità di ogni sacrificio, la risposta non può che essere affermativa: questa Chiesa, con la sua arcaica struttura monarchica, con le sue banche e i compromessi con il potere, non ha nulla che vedere con il messaggio di Cristo. Perché non si può servire a due padroni: se si sceglie di servire il potere e il denaro, sia pure con l’illusione di “fare del bene” è inevitabile voltare le spalle a Cristo. Le persecuzioni degli eretici, i roghi, e gli scandali dello Ior, e le compromissioni con poteri equivoci non sono incidenti, errori imputabili a singoli individui: sono le conseguenze logiche della scelta di fondo: o Dio o Mammona. Sarebbe interessante, a questo proposito, rileggere l’episodio delle tentazioni di Cristo (che poi si riducono a una sola: la tentazione del potere) e tenere presente la sua reazione.
Ma una comunità cristiana capace di rinunciare a tutte le sovrastrutture attuali, e di sforzarsi di incarnare la radicale novità del messaggio cristiano, sarebbe non solo pienamente legittima, ma sommamente auspicabile. Del resto, lo Spirito soffia dove vuole e Dio può benissimo far nascere “figli di Abramo” anche dalle pietre.

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