La nascita della polis e della moneta

SCHEDA: LA NASCITA DELLA POLIS E L’INTRODUZIONE DELLA MONETA IN GRECIA
L’elemento che più di ogni altro caratterizza la storia greca dell’età arcaica (secoli VIII – VI a. C.) e classica (V – IV a. C.) è la polis, la città – stato. Ma che cos’è esattamente una polis? E quando nacque?
POLIS non è semplicemente la città, ma uno stato, che comprende un territorio (χώρα) più o meno vasto ( da un’estensione di pochi km ² a un’intera regione, come, ad esempio, l’Attica), ed è dotato di un centro urbano (ἄστυ), che ne costituisce il “cuore” politico, amministrativo e culturale.
Il centro urbano può essere costituito da una “normale” città, con i suoi quartieri, le sue vie, i suoi monumenti e la sua cinta muraria (Atene), o da un insieme di villaggi disseminati nella campagna, senza mura (come Sparta: perché sono i cittadini a dover difendere la loro città, e non viceversa). Ma ha comunque un’acropoli (l’altura sulla quale in età micenea sorgeva il palazzo del wanax, la rocca in cui i cittadini trovavano rifugio in caso di pericolo, e che, in età storica, è sede dei principali templi e degli edifici destinati al culto) e una agorà (la piazza, cuore dell’attività politica e commerciale); è governata da una serie di organismi politici che sono espressione della comunità dei cittadini (in contrapposizione ai non cittadini), maschi (le donne ne sono escluse), e liberi ( in antitesi agli schiavi e ai servi di vario tipo). Alcuni storici moderni (Austin e Vidal – Naquet) distinguono tra due diversi tipi di polis: quella classica ( Atene ne è l’esempio più rappresentativo) e quella arcaica (come Sparta) non solo sulla base dell’assetto urbanistico, ma anche – e soprattutto – sulla base del maggiore o minore livello di demarcazione tra le categorie sociali degli abitanti. Nella polis di tipo classico le differenze tra cittadini e no, tra liberi e schiavi sono nette e invalicabili. Lo schiavo è una merce; appartiene al singolo individuo che lo acquista al mercato, come un qualsiasi animale da soma. Nella polis di tipo arcaico le differenze non sono così nette: esistono diverse categorie intermedie di cittadini. Ed esistono “schiavi” che non sono proprietà dei singoli, bensì dello stato: una sorta di “servi della gleba”, probabilmente discendenti di una popolazione più antica sottomessa dai nuovi dominatori (come gli iloti di Sparta; ma esistono, con nomi diversi, categorie simili in varie altre regioni e città della Grecia e delle colonie), oppressi e sfruttati, ma tuttavia, sia pure in modo subordinato, anch’essi partecipi, in una certa misura, della cittadinanza, in una situazione intermedia tra liberi e schiavi. Questa definizione di “polis” è il risultato di una astrazione, ottenuta mettendo a confronto le poleis che meglio conosciamo, cioè Atene e Sparta, e cogliendo, al di là delle differenze, gli elementi che sono comuni a entrambe e alle altre poleis a noi note. Si tratta, cioè, di un modello astratto, che serve a spiegare la concreta realtà storica, senza però identificarsi del tutto con una determinata, singola realtà.
Come succede con i telefonini o i computer: le funzioni fondamentali sono le stesse. Le applicazioni, gli “optional”, variano secondo la marca, il costo, il tipo … ma quando acquistiamo un nuovo cellulare o un nuovo computer, sappiamo quali prestazioni “di base” dobbiamo aspettarci ( secondo il “modello” astratto e generale che abbiamo in mente) e studiare, invece, ciò che vi è di nuovo e particolare …
E’ comprensibile, quindi, come sia difficile rispondere alle domande fondamentali (quando, come e perché) sulla nascita della polis. Gli scavi archeologici ci possono rivelare l’esistenza di centri urbani: ma questa non è una prova dell’esistenza della polis, perché gli scavi non possono dirci nulla sul modo in cui era organizzato e governato il suddetto centro urbano, se esso, cioè, possedeva i requisiti che sono stati esposti sopra. “Città” non significa, automaticamente, “polis”. Anche nei tempi più remoti poteva benissimo esistere una città. Ma non è detto che fosse una polis. Ancor meno facile è definire il modo in cui la polis è nata, le varie tappe della sua costituzione, come pure le cause della sua nascita. Sappiamo che le poleis classiche si trovano, di solito, nelle regioni che erano state, secoli prima, sede di centri micenei (v. cartina): il “fenomeno polis”, infatti, non riguarda l’intera Grecia, ma solo alcune regioni: la Beozia, l’Attica, la Megaride, l’Argolide, la Laconia e la Messenia. La maggior parte del territorio greco rimane estranea ad essa, e conserva i modi di vita del medioevo ellenico (in questi casi si parla di stati – ethnos, come, ad esempio, l’Acarnania, l’Etolia, la Doride, la Focide ecc.).
Non è esatto, quindi, dire che studiamo “la storia greca”: in realtà studiamo prevalentemente la storia della polis più importante, Atene, e delle sue rivali, Sparta e Tebe.
La polis nacque nel corso dei secoli oscuri. Omero, nell’Iliade (Ρ), cita delle città, ma non si può dire che esse siano delle poleis. L’unica prova concreta in nostro possesso risale all’VIII secolo a. C. ed è legata alla fondazione di colonie in Occidente: esse venivano fondate per decisione della metropoli, la madre-patria, che organizzava la spedizione; ed erano, fin dall’inizio, delle poleis. Il che significa che la polis doveva esistere già da parecchio tempo: da quanto, è impossibile dirlo. La più antica iscrizione riguardante una polis risale al VII secolo a. C. ed è stata rinvenuta a Creta: essa contiene la formula ”è stato deciso dalla polis” e riguarda il divieto di ricoprire per due volte la stessa magistratura prima che siano trascorsi 10 (iscrizione di Dero).
Legata alla nascita della polis, sempre nell’VIII secolo a. C., è l’introduzione della moneta, attuata –secondo la tradizione – dal tiranno Fidone di Argo. Fino ad allora, si era praticato in prevalenza il baratto, cioè lo scambio di determinate merci con altre merci. A volte erano stati usati come mezzi di scambio – con una funzione,cioè, premonetaria – armi e utensili di metallo pregiato: lo sappiamo perché gli archeologi hanno rinvenuto spade, lance ecc. che non sono mai state affilate, e quindi mai usate in combattimento: evidentemente la loro destinazione era diversa. La moneta vera e propria esisteva già da tempo in Oriente: è proprio dall’Asia Minore – le cui coste, nel corso del Medioevo greco, erano state colonizzate dai Greci – che essa venne importata in Grecia.
Ma quando ci occupiamo di monete antiche, si faccia attenzione a un dato importante: per noi moderni la moneta ha un valore puramente nominale, di per se stessa è solo un pezzo di carta o di metallo di scarso pregio. La moneta antica, invece, aveva un valore reale, il valore, cioè, dei metalli di cui era fatta. Si trattava, di solito, di una lega di oro e di argento con il rame o con altri metalli meno pregiati (l’oro e l’argento, da soli, non si possono lavorare). Particolarmente pregiato era l’elettro di Sardi, un “miscuglio” di oro e argento che in Asia esisteva allo stato naturale, e che altrove, invece, veniva realizzato artigianalmente. Il valore della moneta, dunque, dipendeva dalla quantità di metallo pregiato che conteneva. Quando veniva svalutata, si diminuiva la quantità di metallo pregiato contenuto nella lega.
Ma la moneta non aveva un’importanza esclusivamente economica: essa era l’emblema della polis. Solo la polis aveva il diritto – esclusivo – di coniarla. Su di essa veniva inciso il simbolo della città: ad esempio, sulle monete di Siracusa era raffigurata la testa della ninfa Aretusa circondata dai delfini; su quelle di Selinunte era raffigurato il sedano, la pianta (selinous) da cui la città prendeva il nome, sulle monete di Gela il toro, e così via. In particolari occasioni – una vittoria, un evento rilevante nella vita della polis – venivano coniate monete particolari, che celebravano e commemoravano l’avvenimento (un po’ come succede oggi con i francobolli): le monete, insomma, sono oggi una fonte importante per ricostruire la storia di una città. La scienza che studia le monete antiche si chiama numismatica.
Ma l’introduzione della moneta non è rilevante solo dal punto di vista archeologico – antiquario: essa pone dei problemi cruciali, la cui soluzione condiziona l’interpretazione di tutta la storia successiva. Qual è il ruolo e il significato che la moneta assume nell’economia della Grecia Antica? Questa è la domanda fondamentale alla quale gli storici odierni cercano di dare risposta.
Secondo la tesi tradizionale, ancor oggi dominante, e risalente allo storico Meyer (fine Ottocento – primo Novecento), l’introduzione della moneta segna una svolta cruciale nella storia greca. Sono fenomeni ad essa connessi:
- La ripresa del commercio, dopo la parentesi dei “secoli oscuri”
- Lo sviluppo degli scambi tra colonie e madrepatria
- L’inizio di un’economia monetaria destinata ad affiancarsi a quella agraria, che nell’VIII sec. a. C. è in crisi, e ad assumere un ruolo preminente nei secoli successivi.
Lo sviluppo dell’artigianato è condizionato e stimolato dal movimento colonizzatore, che gli offre nuovi mercati. La fioritura dell’artigianato e del commercio, a loro volta, provocano l’emergere di una classe media, il δῆμος, costituito appunto da artigiani, commercianti, marinai. Questa classe, dotata di spirito di iniziativa e capacità imprenditoriale, diventa la principale antagonista dell’antica aristocrazia terriera e l’artefice delle successive trasformazioni in campo economico, politico, e culturale.
Questa teoria – che a me pare in larga misura condivisibile, perché fornisce un’interpretazione convincente dei fenomeni dell’età arcaica e classica – è oggi discussa e ridimensionata da alcuni studiosi ( Will e Vidal – Naquet sono i più famosi) i quali sottolineano l’importanza preminente dell’agricoltura nell’antica Grecia, anche dopo l’introduzione della moneta, e attribuiscono alla moneta un ruolo più etico che economico: Essa sarebbe – almeno in origine – espressione dei valori della polis, dello spirito comunitario che lega tra loro i cittadini, più che un mezzo di scambio puro e semplice. Essa nascerebbe, quindi, nell’ambito delle relazioni sociali più che in quello economico: lo proverebbe il fatto che, nelle emissioni di molte città, mancavano le monete di scarso valore, gli spiccioli insomma, quelli che avrebbero dovuto facilitare il piccolo commercio locale. Non è questa, comunque, la sede per discutere di questa tesi. Preferisco riportare qui – sia pure in forma problematica – la tesi classica e più largamente condivisa del Meyer. Del resto la storia antica – come qualsiasi altra disciplina – non può mai essere considerata come un sapere acquisito in modo definitivo: la ricostruzione del passato è sempre precaria e provvisoria. Una nuova scoperta, l’emergere di nuovi dati possono rimettere tutto in discussione e indurci a ripensare e a riorganizzare tutto ciò che crediamo di sapere.

Questi appunti sono tratti, in massima parte, da “Economie e società nella Grecia antica” di Austin e Vidal – Naquet, Libreria Armand Colin, Parigi 1972.

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