L’OTTAVO SECOLO

2) L’OTTAVO SECOLO- L’ARCAISMO
(secoli VIII-VI a. C.)
L’ottavo è un secolo – cerniera, che funge da “spartiacque” tra il “medioevo” e l’età arcaica della storia greca (secoli VII – VI a. C.). E’ un periodo di crisi economica e di profonde tensioni sociali, che sfociano nel secondo grande movimento colonizzatore, ai quali sono in vario modo connessi alcuni eventi cruciali:
a) Le prime testimonianze sull’esistenza della polis
b) L’introduzione della moneta
c) La redazione di leggi scritte e l’affermazione di legislatori e tiranni
d) L’introduzione dell’alfabeto fonetico (a ogni suono corrisponde un segno)
e) La fioritura dell’arte geometrica e la ” nascita del tempio greco” (v. scheda sull’argomento).

All’origine dei grandi sconvolgimenti sociali ed economici vi è un notevole incremento demografico, di cui ignoriamo le cause, ma che possiamo evincere dai dati fornitici dagli archeologi ( maggiore estensione dei centri abitati e delle necropoli). La terra, scarsa e concentrata nelle mani di pochi, non può produrre quanto è necessario a nutrire una popolazione in crescita. Ne deriva una grave crisi economica dai pesanti risvolti sociali: l’ impoverimento progressivo delle masse rurali, l’accentuazione delle disuguaglianze socio – economiche e delle tensioni sociali, che sfociano spesso in rivolte (στάσειϛ). I piccoli proprietari non riescono a mantenere il possesso delle loro terre: spesso, indebitatisi, non riescono a pagare i loro debiti e perdono la terra, i loro beni e la loro stessa libertà personale, in quanto diventano schiavi dei creditori ( insieme alle loro famiglie). Quando (come ci testimonia Esiodo, il poeta – contadino) sono costretti a dividere la terra tra diversi figli, la frazionano in modo tale da compromettere, per gli eredi, ogni possibilità di sussistenza (per questo motivo il poeta consiglia al fratello di limitarsi a generare un solo figlio). Ma anche la proprietà originariamente collettiva del ghenos comincia a disgregarsi. Alcuni ghene finiscono per impoverirsi. Le terre si concentrano nelle mani di poche famiglie aristocratiche. Uno sbocco alla crisi è costituito dalla seconda colonizzazione diretta alla conquista di nuove terre da coltivare in Sicilia, in Italia meridionale (Magna Grecia), in tutte le coste del Mediterraneo occidentale. E’ proprio in occasione della fondazione di colonie che troviamo le prime testimonianze scritte sull’esistenza della polis: “La polis tale ha deliberato la fondazione della colonia (apoikìa) sotto il comando dell’ecista (oikistes) tale …” Il che significa che nell’VIII secolo a. C. la polis è già una realtà consolidata e operante, nata da tempo (quando, non possiamo dirlo). Il movimento colonizzatore proseguirà per almeno tre secoli. Le colonie, a loro volta, forniscono un nuovo sbocco commerciale ai prodotti dell’artigianato greco, che viene stimolato dalla crescente domanda e conosce una nuova fase di splendore. Gli scambi commerciali sono facilitati dall’introduzione della moneta, che, “inventata” in Oriente e “importata” in Grecia dal tiranno Fidone di Argo (secondo la tradizione) contribuisce in modo determinante allo sviluppo socio – economico dell’Ellade. I navigatori greci si affiancano, in questo modo, ai Fenici, che in questo periodo sono i veri dominatori del Mediterraneo, sulle cui coste fondano, anch’essi, colonie. Proprio da loro i Greci apprendono l’alfabeto fonetico, che, rispetto ai sistemi di scrittura del passato (le scritture cuneiformi, la lineare A e la lineare B – della quale, peraltro, i Greci di età storica non avevano più memoria) presenta un enorme vantaggio: mentre nelle scritture protostoriche a ogni segno corrispondeva una sillaba (e quindi erano costituite da un centinaio di segni), nell’alfabeto fenicio a ogni segno corrispondeva un singolo suono (e quindi bastavano una ventina di segni, o poco più). Inoltre, i Fenici, come tutti i popoli parlanti lingue di ceppo semitico, non segnavano le vocali (anche aleph e beth erano consonanti). I Greci, quindi, dovettero adattare l’alfabeto fenicio alle esigenze della loro lingua. La scrittura costituì anch’essa un nuovo formidabile mezzo di comunicazione e di scambio culturale in un’epoca caratterizzata dall’intensa ripresa del commercio e dal contatto con popoli anche lontani. Si afferma una nuova figura sociale: quella di chi non vive dei prodotti della terra soltanto, ma soprattutto di artigianato, di commercio, di attività marinare. Alle classi dei grandi proprietari terrieri e dei contadini poveri si affianca così una nuova classe, il demos, costituita appunto da questo nuovo ceto medio che raggiunge un discreto livello di benessere economico con la sua attività, accumulando ricchezza in denaro. Alla sua posizione economica non si accompagna, però, un adeguato riconoscimento politico. Il potere rimane saldo nelle mani dei nobili, che lo esercitano a proprio vantaggio. I conflitti divampano con violenza: emergono nuovi protagonisti della scena politica: i legislatori, i pacificatori e i tiranni. Eletti a volte, di comune accordo dalle parti in lotta legislatori e pacificatori), altre volte affermatisi con un atto di forza (i tiranni), questi nuovi soggetti politici finiscono comunque col favorire l’ascesa della classe media, a scapito dei privilegi degli aristocratici. Grazie alla loro opera, le poleis vengono dotate di una costituzione e di una legislazione scritta, che, per il solo fatto di essere scritta, costituisce una garanzia per il popolo, sottraendo l’amministrazione della giustizia all’arbitrio dei nobili. Spesso i tiranni, odiatissimi dagli aristocratici (è proprio da loro che il termine “tiranno” – in origine “neutro”, cioè senza particolari connotazioni negative – eredita il significato di “uomo dispotico, violento e autoritario” che detiene ancora oggi) difendono gli interessi del demos e dei contadini poveri.
La nuova realtà economico – sociale trova espressione nelle costituzioni timocratiche, che ripartiscono i diritti e i doveri dei cittadini in base al reddito. In questo contesto riveste particolare importanza la riforma oplitica: all’eroe solitario di tipo omerico si sostituisce la falange degli opliti, dei cittadini, cioè, che sono in grado di procurarsi – a loro spese – l’armatura completa (τὰ ὅπλα) e combattono a piedi, a schiere compatte, senza abbandonare il loro posto, a fianco dei compagni: essi sono espressione della nuova realtà della polis, la città – stato che si è ormai affermata in buona parte della Grecia. In buona parte, non in tutta la Grecia: alcune regioni restano estranee al fenomeno della polis, conservando il modo di vita del medioevo; si parla, in questi casi, di stati – ethnos, costituiti da villaggi dispersi nella regione, senza un centro urbano dominante. Unico elemento di coesione, il dialetto, la cultura, le tradizioni comuni, i santuari. La Grecia intera, del resto, è molto frammentata dal punto di vista politico e culturale: è, questa, una caratteristica costante della sua storia fino all’ascesa della Macedonia. Ciò che accomuna le varie stirpi, oltre alla lingua (pur differenziata nei vari dialetti) sono la religione, le anfizionie (o leghe di città), i grandi giochi e soprattutto le Olimpiadi (la prima risale al 776 a. C. e costituisce l’unico punto di riferimento comune cronologico), e infine i grandi santuari, sede di oracoli famosi, come Dodona e Delfi.

Questi appunti sono tratti, in gran parte, da “Economie e società nella Grecia antica” di Austin e Vidal – Naquet, Parigi 1972)

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